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LA DEPRESSIONE: IL BUIO E LA LUCE

29 Mag , 2017  

Biografia

Veniamo concepiti e cresciamo i primi mesi di vita nel buio e quando nasciamo “veniamo alla luce”. Questo presuppone che abbiamo una parte costituzionalmente definita di buio dentro di noi. Ma ancora, una delle paure che hanno tutti i bambini è quella di stare a letto, di notte, ed è tutto buio. Non si vede nulla e la sensazione è di non essere abbastanza forti come si vorrebbe per affrontare le possibili minacce che il buio cela.

Poi, diventando adolescenti, “vediamo tutto buio” data l’incertezza della vita che ci aspetta e quando diventiamo anziani la tristezza di essere arrivati alla fine della vita non ci permette di vedere la luce.

La nostra esistenza è costellata di zone d’ombra e zone di luce, è un continuo movimento (spesso ambivalente) fra buio e luce, tant’è che, anche se temiamo il buio, a volte, ricerchiamo la tranquillità, il silenzio, magari per difenderci da una luce troppo intensa e indossiamo gli occhiali da sole!

Fragilità, precarietà, instabilità, ignoto….il buio ha in sé tutte queste cose ma non le mostra. E’ necessaria la luce affinchè quei “mostri” vadano via. Ma vanno via? Dovremmo accettare che ognuno di noi ha un proprio lato oscuro e, a tal proposito Haynal diceva “I nostri demoni interiori non possono essere nè espulsi nè soffocati: anzi, ci sono preziosi quale contributo all’esistenza umana. Se infatti sappiamo convivere con loro, loro finiscono per aiutarci”.

La depressione, in qualche modo, priva della luce, lasciando solo un buio angosciante, voglia di non far nulla, impossibilità di ridere, sensi di colpa, mancanza di iniziativa, indifferenza paralizzante per le persone vicine e una solitudine infinita.

Solitudine che spesso viene rafforzata da amici o familiari con commenti di consolazione “la tua vita è bella, perché stai male? Ci sono tante cose positive nella tua vita, di che ti lamenti?”. Purtroppo frasi del genere potrebbero far sentire la persona depressa un completo fallimento.

Guarire significa essere capaci di soffrire, di sopportare la sofferenza. Non è mai possibile tornare indietro, essere guariti non significa essere ritornati “come si era prima” ma significa essere consapevoli di noi stessi, significa essere in grado di trasformare quella sofferenza in carburante per il nostro motore, cioè essere consapevoli che i freni ci sono e servono ma sapere che esiste anche l’acceleratore.

 

Dr.ssa Claudia Bartalucci

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