Generale,Genitorialità

Lettera da un’ostetrica: nascere, diventare mamma, essere ostetrica ai tempi del Covid-19

25 Mar , 2020  

Biografia

In questi giorni di profondo surrealismo è necessario, credo, apprendere e trarre lezioni per il futuro. Per il nostro futuro e per quello delle nuove generazioni, le nuovissime per la precisione, per quei bambini che devono ancora nascere, che sono in procinto di farlo. Dobbiamo prendere atto del bisogno di sviluppare un legame più collettivo, in ogni frangente della nostra vita, dobbiamo costruire un immaginario futuro dove il rispetto, la gentilezza e la disponibilità verso il prossimo diventino i valori fondanti. Abbandoniamo, una volta per tutte la cieca competitività e l’arricchimento individuale a tutti i costi; approfittiamo di questo momento.

Sono un’ostetrica, provo, in questi giorni in particolar modo a fare delle associazioni, delle riflessioni che mettano in delicato confronto la gravidanza e la quarantena. Molto complicato, estremamente complesso. Bizzarro immaginare le nostre case come tanti uteri ma, con un po’ di fantasia ed immaginazione possiamo arrivare a farlo. Cerco di mettermi nei panni di quelle donne, che ci troviamo ad assistere, che si sono ritrovate “sole” proprio alla fine di quel meraviglioso percorso, condiviso con una seconda persona, un partner, l’altro futuro genitore, l’altra metà.

Le rigide e necessarie restrizioni igieniche e di sicurezza di questo momento storico, hanno portato la maggior parte dei punti nascita ad adottare la scelta di non far entrare i papà/partner nelle strutture sanitarie, per ridurre, per quanto possibile, ulteriori rischi di contagio. Il pensiero che sta alle spalle di questa politica è molto semplice e lineare: minore è il numero degli accessi in una struttura, minore è il rischio di far circolare il virus, come per le strade, come per il mondo.

Questo ha ovviamente generato dei moti di ansia in queste donne e future madri nettamente superiori a quelli fisiologici del fine gravidanza. Un processo di cambiamento così profondo, così poliedrico, che riguarda corpo, anima e cuore e, la paura di vivere una sensazione di abbandono proprio quando si ha più bisogno di sostegno, fisico ed emotivo. Il momento del parto si avvicina, l’universo della nascita sta per manifestarsi in tutta la sua possenza. Le donne hanno la lecita preoccupazione di vivere questo momento nella solitudine.

In queste settimane, assistiamo ad un aumento di quelle che vengono definite “gravidanze oltre il termine”; le donne, più o meno consciamente, tentano di proteggere i loro cuccioli. Non vogliono farli nascere in questo momento, hanno paura, temono per la loro incolumità, temono di dover affrontare da sole troppe tappe fondamentali, troppe sensazioni nuove e stravolgenti; il dolore, la sensazione di diventare madre, la responsabilità verso un individuo che dipenderà completamente da lei, il timore di non essere all’altezza.

Qui, noi, cerchiamo di intervenire, di essere presenti più di quanto già siamo in tempi non pandemici. Comunichiamo molto di più con le donne, perché ci cercano, hanno bisogno di rassicurazioni consigli, parole di conforto; le accogliamo, le andiamo letteralmente a prendere…dalla porta di ingresso della struttura sanitaria, radunando e raccogliendo bagagli, lacrime e paure. Ci avviamo insieme in quel percorso che inizia da un ascensore, delle scale magari, il ricovero, la sistemazione nella stanza di degenza ed infine in quella tanto attesa, temuta, famigerata Sala Parto.

Il legame che si instaura tra una donna e la sua ostetrica durante un travaglio e un parto e unico e indissolubile, difficile da descrivere; sappiamo che rimarremo nella memoria di quella donna per sempre e questa è una grande emozione e responsabilità. Oggi, tutto questo processo, si amplifica all’ennesima potenza. Noi, abbiamo ancora più bisogno di far sentire a quella donna che ci siamo, completamente e, nonostante questo bisogno e desiderio sia filtrato da una molteplicità di strati imposti (dispositivi di protezione personale che celano sorrisi, distanze di sicurezza pressoché impossibili da mantenere), noi ci siamo e vogliamo che la nostra presenza sia percepita più concreta che mai. Loro, hanno ancora più bisogno di trovare in quegli occhi che si trovano davanti, competenze, empatia, rassicurazione; hanno ancora più bisogno di sentir arrivare quel messaggio che comunica che loro possono, che sono competenti, che ce la faranno, che le donne sanno partorire e i bambini sanno nascere.

Vivremo insieme questo meraviglioso momento. Sarà indelebile, sarà da raccontare e da scrivere.

Insieme, ce la possiamo fare.

Andrà tutto bene.

Dott.ssa Paola Pecilli, Ostetrica.

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